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Wired: ecco perché l’oro corre

Si è guadagnato l’appellativo di bene rifugio per eccellenza, dove parcheggiare i capitali per sfuggire alle turbolenze finanziarie. Negli ultimi mesi l’oro è tornato a correre portandosi a un passo dal record storico di 2.075 dollari toccato a marzo 2022, subito dopo l’invasione russa dell’Ucraina, quando oltrepassò i 2.050 dollari l’oncia. Oggi come allora gli investitori confidano nel lingotto per mettere al riparo i propri risparmi.

È stata la crisi bancaria a ridestare il rally dell’oro: il 9 marzo, il giorno prima del fallimento della banca californiana Silicon Valley Bank, il prezzo all’oncia era appena sopra i 1.800 dollari. Da allora è salito circa del 12%, arrivando anche a scavalcare i 2.040 dollari. L’oro è stato lo scoglio a cui gli investitori si sono aggrappati nel tentativo di indovinare l’evoluzione della crisi, partita dagli Stati Uniti e sbarcata in Europa con il salvataggio di Credit Suisse per mano della concorrente Ubs. Ad aumentare l’irrequietezza anche le osservazioni del guru della finanza Jamie Dimon, ad della banca JpMorgan Chase, convinto che lo stress bancario non sia ancora finito (“Ci saranno ripercussioni per anni”).

A spingere le quotazioni dell’oro concorrono i timori di un rallentamento dell’economia statunitense che lasciano presagire che la stretta monetaria della Federal Reserve stia per concludersi (e l’oro gioisce).

C’è un altro fattore che ha impresso all’oro uno sprint: la decisione dell’Opec+, il cartello dei paesi esportatori di petrolio, di tagliare la produzione di un milione di barili al giorno per tutto il 2023. L’annuncio ha immediatamente generato un’impennata del prezzo del petrolio, riaccendendo l’allarme contro nuove fiammate di inflazione.

Infine i grandi investimenti delle Banche centrali che hanno assunto dimensioni importanti con circa 400 tonnellate in acquisto nei primi nove mesi del 2023 secondo il World Global Gold, stanno dando una pinta notevole alle quotazioni.

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