View of a historical monument set against a modern skyscraper in a cityscape.

Per Goldman Sachs sarà l’anno dell’oro

Gli analisti di Goldman Sachs non hanno dubbi: l’oro raggiungerà un nuovo record l’anno prossimo grazie agli acquisti delle banche centrali e ai tagli dei tassi d’interesse statunitensi. “Puntate sull’oro” hanno scritto gli esperti in una nota, ribadendo un obiettivo di 3.000 dollari l’oncia entro dicembre 2025, un valore che rappresenta un potenziale di upside del 16% circa rispetto ai valori attuali. Gli esperti della banca Usa hanno quindi inserito il metallo tra le principali commodity trade per il 2025, affermando che i prezzi potrebbero estendere i guadagni durante la presidenza di Donald Trump.

Tra i driver di crescita, gli esperti della banca Usa ne identificano alcuni di tipo strutturale, come l’aumento della domanda da parte delle banche centrali. E altri di natura ciclica, tra cui i flussi verso i fondi negoziati in borsa a seguito dei tagli della Federal Reserve. Ad alimentare possibili nuovi record, secondo Goldman, potrebbe essere anche la nuova amministrazione Trump. E la conseguente attesa di un’escalation senza precedenti delle tensioni commerciali.

Ma cosa rende l’oro un asset di diversificazione efficace?

Per primo l’importanza dell’aspetto di “diversificazione” delle riserve delle Banche Centrali in un contesto in cui l’inflazione è tornata a essere un dato economico “vitale”, e dove è sempre più viva la tentazione per i paesi dell’emisfero meridionale di costruire un’alternativa al dollaro.

“Un investimento di questo tipo genera performance assolute. Registra un ottimo andamento su mercati caratterizzati da avversione al rischio: +100% durante la fase di scoppio della bolla di Internet e +30% nel 2022, anno di forte inflazione, compensando quasi tutte le perdite del mercato azionario nei momenti di maggiore necessità. L’oro è ancora meno correlato agli asset rischiosi rispetto alle obbligazioni, il che lo rende uno strumento adatto alla costruzione del portafoglio; tende a offrire una copertura efficace sia contro l’incertezza economica che contro l’inflazione. Una caratteristica provvidenziale poiché il persistere dell’inflazione rappresenta uno dei maggiori fattori di rischio attuali e di trasformazione futura, nel contesto odierno in cui la gestione dei picchi raggiunti dal debito pubblico continua a essere rinviata, rendendone il rimborso sempre più illusorio senza il sostegno attivo dato dall’immissione di nuovo denaro sul mercato”.

Negli ultimi mesi, l’oro ha registrato nuovi massimi e dall’inizio dell’anno è cresciuto di circa il 35%.

“Questo ottimo andamento è riconducibile alla recrudescenza del rischio geopolitico, agli acquisti da parte delle Banche Centrali, intenzionate a diversificare le proprie riserve, e all’incertezza relativa al ciclo economico. L’aumento dei tassi di interesse reali e l’apprezzamento del dollaro, fattori classici di indebolimento del metallo giallo, avrebbero potuto contenere la forza dell’oro, ma così non è stato”.

L’oro ha messo a segno un forte rally quest’anno – toccando una serie di record consecutivi – prima di ritirarsi all’indomani della vittoria di Trump alla Casa Bianca, che ha favorito il dollaro. L’avanzata della commodity, che alla vigilia del voto avevano segnato l’ennesimo record storico, sfiorando 2.800 dollari l’oncia, è stata sostenuta dall’aumento degli acquisti da parte del settore pubblico e dal passaggio della Fed a una politica più accomodante.

Poi la retromarcia. Sulle vendite recenti hanno probabilmente pesato anche prese di beneficio da parte di chi aveva cavalcato con entusiasmo il “Trump trade”.

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