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Jamie Dimon JP Morgan, troppe regole per le banche aumentano i costi

Ce l’ha sempre con le banche. Jamie Dimon, amministratore delegato di Jp Morgan, alza ancora il tiro sul sistema del credito e sulle sue stringenti regole. E aggiunge che, malgrado i copiosi guadagni dell’ultimo biennio, le banche ‘non possono essere indebolite dal sistema delle regole’. Il riferimento è al Presidente Donald Trump e alla sua politica che potrebbe allentare le regole. “Occorrono regole trasparenti e chiare che bilanciare efficacemente la crescita economica ed il mantenimento di un sistema bancario sicuro e solido”.

Circa un anno fa, Dimon diceva che “la crisi non finita e che le piccole banche sono state colpite dal rialzo dei tassi” e che istituti come First Republic, Silicon Valley Bank (SVB) e Signature Bank, sono finite nella procedura fallimentare.

Il numero uno di Jp Morgan spiega perché. Il problema sono i tassi a lungo termine che, se salgono oltre il 6% e questo aumento è accompagnato da una recessione, ci saranno molte tensioni, non solo nel sistema bancario, ma anche nelle società con molta leva finanziaria, ovvero molto indebitate. “Ricordate che un semplice aumento di 2 punti percentuali dei tassi ha ridotto essenzialmente il valore della maggior parte degli asset finanziari del 20% e alcuni asset immobiliari, in particolare gli immobili ad uso ufficio, potrebbero valere ancora meno a causa degli effetti della recessione e dell’aumento dei posti vacanti”.

La svalutazione degli asset genera perdite di bilancio e di conseguenza la possibile crisi di chi non ha abbastanza capitale per fa fronte a quelle rettifiche. Il problema per Dimon sono dunque i tassi elevati, anche perché dopo aver avuto i Fed Funds a zero per un lungo periodo, nessuno è preparato a uno scenario opposto di costo del denaro elevato per molto tempo.

Non servono altre regole per le banche. Serve dunque essere prudenti per affrontare il possibile prolungarsi della crisi, ma non servono certo gli irrigidimenti normativi che vorrebbero imporre alle banche una maggiore capitalizzazione. Nella sua lettera agli investitori Dimon sostiene come dalla firma della legge Dodd-Frank nel 2010, solo negli Stati Uniti siano state aggiunte migliaia di norme e requisiti di rendicontazione redatti da oltre 10 diversi organismi di regolamentazione. Che non sono serviti a nulla.

Contro Basilea III.Il bersaglio del numero uno di Jp Morgan è Basilea III, l’insieme delle norme che la Banca dei regolamenti internazionali (Bis), una sorta di banca centrale delle banche centrali, ha redatto per evitare che le crisi bancarie possano diventare sistemiche. Tutto nacque negli Anni 70 con il fallimento della banca tedesca Herstatt Bank di Colonia e della Franklin National Bank of New York di Michele Sindona.

Fu allora che il G10 si convinse a creare all’interno della Bis il Comitato di Basilea con il compito di redigere i regolamenti internazionali, che si sono evoluti nel tempo fino alla versione attuale chiamata Basilea III, che oltre ai requisiti patrimoniali chiede per esempio alle banche di avere la liquidità necessaria per affrontare eventuali ondate di riscatti sui conti correnti.

Più costi per la banche. “A mio avviso, molte delle regole sono imperfette e mal calibrate. Se il progetto finale di Basilea III fosse attuato nella sua forma attuale, ostacolerebbe le banche americane: aumenterebbe del 25% il fabbisogno di capitaledelle nostre imprese, rendendolo superiore del 30% rispetto alla proposta equivalente dell’Unione Europea”. Ciò significa che per ogni prestito o attività finanziata negli Stati Uniti da una grande banca americana, questa dovrà detenere il 30% di capitale in più rispetto a qualsiasi concorrente internazionale.

Più costi per tutti. Questo costo si trasmetterebbe automaticamente sui servizi offerti dalle banche rincarando 1) i beni di consumo 2) i mutui e i prestiti alle piccole imprese e ai risparmiatori e 3) i progetti infrastrutturali governativi e no.“So che potrebbe essere un pio desiderio, ma – suggerisce Dimon – sarebbe un buon momento per fare un passo indietro e rivedere in modo approfondito e sincero le migliaia di nuove norme approvate dopo la Dodd-Frank”. Il sistema bancario e le autorità dovrebbero mettersi intorno a un tavolo e capire quale direzione prendere, ma “con regole – dice Dimon – e linee guida più semplici e senza soffocare il nostro sistema”.

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