Corriere della sera: perché la scommessa sull’oro è ancora valida
Ecco la periodica indagine fatta dal Corriere della sera, il maggiore quotidiano italiano, circa l’evoluzione dell’oro fisico in relazione agli investimenti in relazione ai primi sei mesi del 2024: “Banche centrali a passo lento. Azioni in grande spolvero, trainate dalla tecnologia. Delusione sui bond. I primi sei mesi dei mercati somigliano, per certi versi, a un remake del 2023, con l’eccezione del petrolio: debolissimo lo scorso anno e questa volta, al contrario, in rally. Facendo i conti si scopre che un investimento di 10mila euro effettuato a inizio 2024 sul Nasdaq, l’indice dei titoli tech americani, oggi ne varrebbe già oltre 12mila. Anche le altre Borse globali — compresa Piazza Affari — e l’oro hanno dato buone gratificazioni. Chi avesse puntato la stessa somma, sui titoli di Stato italiani, invece, non avrebbe fatto un buon affare, almeno fin qui. Del resto, ad eccezione di titoli governativi Usa, debito speculativo e obbligazioni emergenti, larga parte dei segmenti a reddito fisso arriva al giro di boa di metà anno con un bilancio negativo in termini di performance. Il secondo semestre, però, si apre sotto una nuova stella. La Banca centrale europea ha iniziato a tagliare i tassi, altri due ritocchi sono attesi da qui a fine anno. Sull’altra sponda dell’oceano, i mercati secondo le previsioni più ottimistiche, scontano tra uno e due interventi da parte della Federal Reserve. Potrebbero essere più di due o anche nessuno, su questo gli esperti di dividono. Ma tutti concordano su un dato: i venti contrari che hanno a lungo soffiato sull’universo obbligazionario si stanno placando. Da qui in avanti, il reddito fisso dovrebbe dare buone soddisfazioni. Specialmente se si guarda al recinto dei bond di buona qualità.
Il rally dell’oro ha sorpreso molti investitori negli ultimi due anni: sulla carta, avrebbe dovuto piegarsi sotto la raffica di rialzi dei tassi orchestrata dalle banche centrali di tutto il mondo. Un percorso che rende il metallo giallo relativamente meno appetibile, come tutti gli investimenti che non staccano cedole né dividendi. «L’oro, invece, ha dimostrato una notevole resilienza», ricorda Carlo Alberto De Casa, analista di Swissquote, al punto da toccare un nuovo record, sopra i 2.400 dollari l’oncia, lo scorso maggio. Da lì è un po’ sceso, ma da inizio anno, guadagna comunque il 13% circa. «Oggi i prezzi sono elevati, ma credo che l’oro sia destinato a restare sopra quota 2.000 dollari. Non vedo spazio per una caduta importante», dice De Casa. Due fattori remano contro.
Da un lato, lo scenario di tassi più elevati più a lungo lo penalizza, almeno agli occhi di coloro che vogliono trarre un flusso di reddito dai propri investimenti e gli preferiscono, per esempio, i titoli di stato. Dall’altro le incognite sulla Cina: a maggio, ha interrotto una serie di acquisti lunga 18 mesi, facendo impensierire alcuni investitori. Il supporto da parte delle banche centrali comunque rimane solido. Secondo una ricerca del World Gold Council, il 29% dei rappresentanti delle autorità monetarie intervistati dichiara di voler aumentare le riserve auree nei prossimi 12 mesi, il livello più alto dalla prima edizione della ricerca, nel 2018. Il 70% dei soggetti coinvolti si aspetta che da qui ai prossimi cinque anni le riserve detenute in oro siano destinate ad aumentare, in larga parte a scapito dei dollari americani.Il mese scorso, gli Etf garantiti da oro fisico sono tornati ad attrarre una raccolta netta positiva, per la prima volta da 12 mesi. «Se questa componente della domanda iniziasse a riprendersi stabilmente, darebbe una mano — dice De Casa —. Magari capiterà a fronte di un aumento della volatilità sulle Borse».