World Gold Council, le riserve in oro aumentano del 176%
L’oro, nei caveau delle banche centrali, è tutt’altro che superato. Secondo gli ultimi dati del World Gold Council, nel primo trimestre del 2023 la domanda di oro delle banche centrali è stata pari a 228 tonnellate, il 176% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente segnando cosí un nuovo record storico. Gli acquisti netti di oro, poi sono erano stati straordinari anche nel terzo e nel quarto trimestre del 2022: nessun altro trimestre aveva mai osservato una tale domanda di oro da parte delle banche centrali da almeno il 2010.
Nella prima parte del 2023 la gran parte degli acquisti sono arrivati da quattro banche centrali: quelle di Singapore (69 tonnellate), Cina (58 tonnellate), Turchia (30 tonnellate) e India (7 tonnellate). Secondo il sito specializzato We Wealth, le ragioni per le quali la domanda di oro delle banche centrali aumenta può essere diversa. Generalmente una banca centrale con riserve auree cospicue viene considerata più capace di governare in caso di emergenza il valore della moneta nazionale che emette (così come avviene per le riserve valutarie “pregiate”, che quando vengono vendute sul mercato sostengono il valore della moneta nazionale).
La classifica dei Paesi con più riserve.
La potenza economica di un Paese non è direttamente collegata alla ricchezza delle sue riserve auree. Tanto che l’Italia, pur essendo solo ottava in termini di Pil nella classifica globale, può vantare il terzo posto in termini di riserve auree della sua banca centrale, se si escludono quelle del Fondo monetario internazionale (che non è un Paese, ma un’istituzione internazionale).
Nella classifica aggiornata delle riserve auree, continuano a dominare gli Stati Uniti. Seguono con notevole distacco Germania, Fmi e Italia.
Quest’ultima ha un patrimonio di 2.451,8 tonnellate di oro, il cui valore alla quotazione del 15 maggio 2023, ammonterebbe a 148,8 miliardi di euro.
A paragone con la ricchezza netta degli uomini più facoltosi del pianeta, il valore delle riserve auree italiane si troverebbe al terzo posto dietro a Bernard Arnault e Elon Musk, davanti al patrimonio di Jeff Bezos (123,22 miliardi di euro, secondo i dati Bloomberg aggiornati al cambio del 15 maggio).
Per fare un altro confronto, se fosse legalmente possibile farlo, vendere oggi un decimo delle riserve auree della Banca d’Italia consentirebbe di finanziare tutto il costo previsto per la costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina (14,6 miliardi secondo l’ultimo Documento di Economia e Finanza rilasciato dal governo).
Alcuni Paesi, poi, nonostante abbiano un Pil notevolmente superiore a quello dell’Italia posseggono riserve auree nettamente più scarse. L’esempio più evidente è quello del Giappone, che vanta un Pil più che doppio rispetto a quello italiano (nel 2021 era superiore di 2,3 volte), ma riserve auree che sono pari a poco più di un terzo di quelle della Banca d’Italia.
Non tutte si trovano fisicamente nel Paese “proprietario”. Ad esempio, il 55% dell’oro della Banca d’Italia si trova depositato presso banche centrali altri Paesi: in particolare, Stati Uniti, Svizzera e Regno Unito, ricordava l’Osservatorio dei Conti Pubblici dell’Università Cattolica. Una scelta di convenienza per diversificare i rischi e minimizzare i costi di trasporto, facilitando eventuali vendite all’estero.
Perchè le Banche centrali accumulano oro? E’ la stessa Banca d’Italia a fornire alcune risposte sul perché l’oro resti ancora un valore importante. “Le riserve auree hanno lo scopo di accrescere la fiducia nella stabilità del sistema finanziario italiano e della moneta unica”, scrive Palazzo Koch, “questa funzione diventa ancora più importante quando le condizioni geopolitiche o la situazione economica internazionale potrebbero mettere i mercati finanziari a rischio, come nel caso di una crisi valutaria o finanziaria”.
“Le riserve auree fanno parte delle riserve ufficiali in valuta estera dell’Italia e costituiscono una garanzia per la Banca d’Italia nell’esercizio delle sue funzioni pubbliche… L’oro non comporta alcun rischio di solvibilità perché non è “emesso” da un’autorità (come un governo o una banca centrale)”, ha aggiunto Bankitalia, “grazie alle caratteristiche e alle funzioni dell’oro, le banche centrali lo utilizzano per diversi scopi: lo comprano e lo vendono per motivi finanziari o per aggiustare il livello delle riserve; lo depositano per ottenere un reddito e lo usano come garanzia per ottenere prestiti”.